Erano gli anni ’50
Napoli, Molo beverello. Il vapore per Ventotene partiva il martedì e il venerdì, la mattina alle 9.30. Erano gli anni ’50.
Partivano persone ma anche “imbasciate” (messaggi da recapitare ad personam), pacchi e semplici pacchetti per parenti e conoscenti sull’isola: bastava trovare, recandosi al porto, una faccia conosciuta a cui affidarsi.
In quegli anni, nel clima febbrile della partenza, ci si poteva imbattere anche nell’imbarco di detenuti destinati al carcere di Santo Stefano, allora ancora in attività (chiuderà nel ’65).
Si viaggiava in prima, seconda o terza classe in traghetti dai nomi storici: “Gennargentu”, “Giannutri”, il tristemente famoso “Santa Lucia”, e il “Regina Elena” al quale fu in seguito cambiato il nome in “Mergellina”, che viaggiavano ad un’andatura di 14 nodi per un totale di 7 ore, soste incluse.
La prima a Procida, dove ci si fermava all’ancora fuori dal porto, e nell’attesa del trasbordo dei passeggeri la nave veniva circondata da barche cariche di limoni da offrire ai viaggiatori, ottimo rimedio contro il mal di mare: allora i traghetti erano piccoli e molto poco stabili.
Poi si arrivava ad Ischia con due fermate: Ischia Porto e Forio. La prima piuttosto lunga, con attracco al molo e tutto il tempo per un caffè, e la seconda nuovamente all’ancora all’esterno del porto. Ad Ischia capitava spesso di vedere imbarcare grosse botti di vino, per cui Ischia era famosa. Poi arrivava la tappa più difficile: quella fuori Santo Stefano, dove la sosta poteva essere più o meno lunga a seconda che a sbarcare fossero solo merci o anche detenuti o parenti in visita. Triste vedere i detenuti avviarsi verso l’ergastolo a vita.
Finalmente si arrivava a Ventotene, dove all’esterno del Porto Romano – il Porto Nuovo sarebbe stato costruito molto più avanti – c’erano grosse barche pronte ad accogliere passeggeri e merci. La prima a salire a bordo era la postina Fortunatina, che prendeva in consegna il sacco della posta. Sul molo c’erano gli isolani, per i quali l’arrivo del vapore era un vero e proprio evento: erano schierati ad attendere amici, parenti, un pacchetto o soltanto curiosi di vedere chi era arrivato.
Se le condizioni del mare non permettevano l’ormeggio davanti al Porto Romano le operazioni di sbarco avvenivano a Parata Grande e poi bisognava “arrampicarsi” fino al paese.
Il traghetto infine proseguiva per Ponza, salutato dagli isolani intenti a guardare e commentare le manovre della nave che lasciava l’isola.
Tratto dal racconto di Enza Nobilione, napoletana di mamma ventotenese