I folgorati
Arrivano sull’isola più o meno dagli anni ’70, portati dal caso, da amici o parenti, da una barca a vela senza meta, da un sogno imprecisato. Hanno spesso un passato da lasciare alle spalle, una delusione sentimentale, una crisi esistenziale, un miraggio psichedelico, una crisi creativa o un sogno selvaggio da inseguire. Arrivano per caso e restano, idealmente per sempre. Sono i folgorati.
Sono esseri singolari, uomini o donne, che messo piede sull’isola per uno dei casi descritti prima, trovano qui l’illuminazione – o meglio la folgorazione – e ne fanno un pezzo della loro esistenza.
Il processo di folgorazione di solito prende avvio in estate. All’inizio, mischiate nella folla dei turisti, queste persone passano inosservate, ma col tempo il loro status inizia a trasformarsi: sparita la folla ci si accorge che hanno ormai conquistato una certa notorietà presso i locali, hanno il loro posto al bar, e l’aneddotica estiva li annovera spesso tra i protagonisti. A settembre si scopre che sono tra quelli che restano: certo, c’è Santa Candida, perché non tirarla lunga?
Per alcuni, il processo di folgorazione per essere completo necessita della distanza. Partono, ma poi improvvisamente ritornano: non per un weekend, non per una settimana, ma per un po’. “Ah sei tornato – dicono gli isolani – e quanto resti?” “Poi vediamo, sono tornato sul continente ma ho scoperto che ho bisogno di staccare, di prendermi un periodo tutto per me”.
Spesso, in particolare per le folgorate, c’è di mezzo anche un uomo ad attenderle sull’isola, una storia di cui durante l’estate avevi saputo, ma non ci avevi dato peso. Si sa, la luna d’estate è galeotta, il muscolo abbronzato ha il suo perché e l’avventura fuggevole è normale. Ma lei no, lei ha capito che lui e l’isola possono essere una vera alternativa. E una volta partite, in lacrime ritornano. Folgorate.
Ad ottobre i giochi sono fatti, prendono in affitto una casa fino a maggio, l’inverno lo passano sull’isola. Il processo si conclude l’estate successiva, quando il folgorato, ormai tale, ha acquisito uno status definito. Lo trovi che porta i bagagli, lavora in un ristorante, fa i biglietti, gestisce una libreria, apre una pizzeria, oppure lo vedi sulla stessa sedia dello stesso bar, e generalmente non è più da solo. Anno dopo anno la sua vita sull’isola procede tra alti e bassi, tra amore viscerale e odio compulsivo per l’isola che accoglie e poi imprigiona. È amato e odiato dagli isolani: non acquisisce mai lo status di ventotenese al 100%, neanche sposandosi con un locale – più facile diventare cittadino degli Stati Uniti.
Volete sapere se i folgorati sono felici? Se hanno trovato sé stessi o quello che stavano cercando? Dipende, ci sono folgorazioni più o meno riuscite: alcune durano per sempre, altre hanno scaricato a terra la loro energia, lasciando qualche sogno infranto. Ma un folgorato, dovunque sia, porta l’isola nel cuore.