Le ex-ragazze di Calanave
Non ci sono donne mature sulla spiaggia di Calanave a Ventotene: ci sono ex-ragazze.
Sono nate negli anni ’50, ’60 o ’70, ma non sono invecchiate. Qualcuna ci ha provato a portare tacchi alti e tailleur in questi anni, ma quel piccolo tatuaggio quasi nascosto, quell’orecchino in più sul lobo dell’orecchio, quella ricerca di vecchi pareo che nessuna porta più, annodati in modo originale, quei capelli sempre poco addomesticati, quel libro portato sempre con sé non lasciano dubbi: sono ex-ragazze.
Sembra che siano sempre rimaste qui. E invece hanno vissuto eccome in questi anni e hanno lottato: chi con un amore difficile, le più grandi per i diritti civili e per i diritti delle donne, le più giovani per le pari opportunità sul lavoro e per salvarsi da una società che le voleva anoressiche e tutte uguali. E invece loro, le ex-ragazze di Calanave, sono tutte diverse e tutte belle.
C’è quella che dopo anni di dieta, quasi sempre finta, si è finalmente lasciata andare ai piaceri del cibo ed è più bella ora che non soffre più la fame. O quella magra magra, diventata vegana negli anni e sempre alla ricerca di cibi sani. Perché le ex-ragazze di Calanave sono così: sanno scegliere e sanno cambiare.
Tornano a Ventotene con un vecchio amore, quello di sempre, naturalmente un ex-ragazzo; o con quello più recente, nuova speranza dopo tante storie belle o brutte, tutte importanti. Perché le ex-ragazze di Calanave sono così, non si arrendono mai.
Oppure vengono in gruppo, perché non c’è posto migliore per una vacanza tra amiche, con i tuffi come da bambine, mangiando in orari impossibili e con le lunghe chiacchierate in piazzetta, perché condividere le idee e i sentimenti è sempre stata la più riuscita delle loro attività.
E qualcuna giura che in qualche notte di luna piena, sulla spiaggia, un fruscio e la rarefatta sagoma di un peplo bianco abbiano fatto pensare che anche Giulia, la principessa romana segregata sull’isola da suo padre Augusto fosse tornata, anche lei ex-ragazza, per ballare con loro con i piedi nell’acqua e la testa, come tutte, verso il punto più alto del cielo.