L’ho ritrovata così
L’ultima volta che sono passata da qui avevo 21 anni, era l’isola dei “bei bagni a’mmare”, per chi come me c’è nato di fronte, sul continente. Ora ne ho 30 di più. Me la ricordo come un luogo assolato, incessantemente ventoso, dove le pietre in estate si infuocano e l’ombra dei pochi alberi in paese basta appena per immaginare che lì sotto ci possa essere frescura.
L’ho ritrovata così, come l’avevo lasciata: la Chiesa e la canonica un po’ scalcinate, le vecchie strade di sempre, ma con qualche infisso in alluminio in più, le signore in carne che rincorrono pensieri e notizie, raccogliendole da chi incontrano per la strada.
Le cose migliori di Ventotene sono ancora là: una natura aspra e forte, che continua a dominare sulla maggior parte dell’isola, un tripudio di vita, dagli insetti agli uccelli, ai pesci che abitano nelle acque che la circondano.
È curioso, però, che proprio le cose più belle dell’isola siano quasi del tutto ignorate dai turisti che ci passano, che bruciano poche ore prima di risalire in barca o che l’hanno scelta “così per provare, perché ce l’avevano detto per farci un week-end”.
Se solo si riuscisse a dare più valore a quanto l’isola offre spontaneamente, forse qualcuno potrebbe anche smetterla di volere ad ogni costo emulare isole più note, dove la notorietà non lascia spazio alla naturalezza e alla spontaneità. Non so che bisogno ci sia di trasformare la piazza di Ventotene in una brutta copia della piazzetta di Capri; non è “bella uguale”, non deve esserlo, perché è diversa e tale dovrebbe restare.